Come mio primo post, ho deciso di pubblicare una breve storia di Pirandello, il mio autore preferito della letteratura italiana. (Richiama anche un pò la frase di "Benvenuto" del mio blog.)
Il suo primo grande successo fu merito del
romanzo Il fu Mattia Pascal. Il libro fu pubblicato nel
1904 e subito tradotto in diverse lingue. La critica non dette subito al romanzo il successo che invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il carattere di novità del romanzo, come d'altronde di altre opere di Pirandello.
Perché Pirandello arrivasse al
successo si dovette aspettare il
1922, quando si dedicò totalmente al teatro.
Il regime fascista avrebbe voluto esequie di Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà espresse nel testamento: "Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi.”
Per sua volontà il corpo fu
cremato, per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali.
La crisi dell'io
Il solo modo per recuperare la propria identità è la follia, tema centrale in molte opere, come l'
Enrico IV, nel quale Pirandello inserisce addirittura una ricetta per la pazzia:
dire sempre la verità, la nuda e cruda e tagliente verità, infischiandosene dei riguardi e delle maniere, delle ipocrisie e delle convenzioni sociali. Questo comportamento porterà presto all'isolamento da parte della società e, agli occhi degli altri, alla pazzia.
Abbandonando le convenzioni sociali e morali l'uomo può ascoltare la propria interiorità e vivere nel mondo secondo le proprie leggi, cala la maschera e percepisce se stesso e gli altri senza dover creare un personaggio. Esemplare di tale concezione è l'evoluzione di Vitangelo Moscarda, protagonista di
Uno, nessuno e centomila.
Il relativismo psicologico
Gli uomini nascono liberi ma il
Caso interviene nella loro vita precludendo ogni loro scelta:
l'uomo nasce in una società precostituita dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale deve comportarsi.
Anche se l'io vorrebbe manifestarsi in modo diverso: solo per l'intervento del caso può accadere di liberarsi di una
forma per assumerne un'altra, dalla quale non sarà più possibile liberarsi per tornare indietro, come accade al protagonista de
Il fu Mattia Pascal. L'uomo dunque non può capire né gli altri né tanto meno se stesso, poiché ognuno vive portando - consapevolmente o, più spesso, inconsapevolmente -
una maschera dietro la quale si agita una moltitudine di personalità diverse
Queste riflessioni trovano la più esplicita manifestazione narrativa nel romanzo
Uno, nessuno e centomila:
- Uno: perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari;
- Centomila perché l'uomo ha, dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che ci giudicano;
- Nessuno perché, paradossalmente, se l'uomo ha 100.000 personalità invero non ne possiede nessuna, nel continuo cambiare non è capace di fermarsi nel suo vero "io".
L'uomo accetta, alla fine, passivamente il ruolo da recitare che gli si attribuisce sulla scena dell'esistenza. Questa è la reazione tipica delle persone più deboli come si può vedere nel romanzo
Il fu Mattia Pascal.